giovedì 11 febbraio 2016

2.

Il sole è quasi a gennaio,
le ombre della terra
risalgono il campo, liberano
le estremità degli alberi.
Tu sei con la luce
che va oltre le cose alte,
i pali della vite, la quercia,
le cime dei rovi.
Tu sei dove la terra
fa acqua e gelo,
dove i fili dei cavi
elettrici più non si vedono
— gli uccelli, a puntini
rappresi, i ritagli dei campi
più stretti, le proprietà
di nessuno.
Tu sei dove andavo
per essere qualcuno,
dove adesso il cielo
mi solleva, mi lascia.
Forse meno di quel che si muove
nel cono della luce
e la bustina del tè a pagliuzze
in fondo alla tazza
— guardi il tavolo,
una casa che vorresti,
un ritorno al tu.

        Sento il gatto che beve
e le nuvole violente
che succhiano l’aria,
ogni azione irrigidita
contro i rosmarini
che hanno allungato le radici
e ti seguono.
Io bevo e ti ripeto
come il gesto più semplice
o l’aereo troppo alto e lo squarcio
di chi non capisce.

        Improvviso ritorno al tu
— le immagini
sul fondo della ragione,
in trappola nel condotto dell’aria
come se anche noi dovessimo
pensarci per sempre
in una salita chiusa.



Maria Borio 

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